«CRYSTAL OF RESISTANCE»

 

AN ARTWORK BY THOMAS HIRSCHHORN FOR THE SWISS PAVILION / VENICE BIENNALE 2011

 

 

 

 

 

Il display d'artista come scena: Thomas Hirschhorn alla 54. Biennale di Venezia

di Giada Pellicari per Cyou

Entrare al Padiglione Svizzero è come immergersi in un'altra dimensione, in un film dal titolo Crystal of Resistance. Questo è infatti l'ultimo display di Thomas Hirschhorn, che può essere considerato come un reale manifesto della sua pratica artistica.

21 giugno 2011

 

"Display" si pone come il termine chiave per capire tutti i suoi lavori: display come esporre, dis-porre, mettere in mostra e soprattutto come allestimento.

 

 

Nell'universo dei lavori contemporanei si può ritenere che vi sia stato un costante ingigantimento delle installazioni, ma soprattutto sembra che il modo di esporre la propria opera e la scelta di ciò che la circonda, o l'idea di mettere insieme nello stesso luogo più lavori da parte degli artisti, riconduca alla creazione di una "scena", un set dove esporre, e che l'opera arrivi alla sua completezza nel momento in cui si relaziona con l'organicità degli altri elementi costitutivi.

 

 

Proprio il contatto con il lavoro, la possibilità di percorrerlo e il suo divenire "vivibile", sono gli elementi che denotano un avvicinamento maggiore alla sua comprensione, tramite appunto la partecipazione attiva, che ha le sue radici nelle teorie relative all'"opera aperta" e all'"estetica relazionale".

 

 

Per arrivare agli ambienti, o a quelli che vengono ritenuti da chi scrive come "scene", bisogna passare attraverso l'evoluzione dell'installazione. A partire dalla scultura per poi approdare a quella che viene normalmente considerata come installazione, si può ritenere che vi sia stata una sorta di ingrandimento dello spazio esperienziato e di occupazione del lavoro d'artista nel luogo dell'esposizione. Dal punto di vista teorico possiede come precedente storico il famoso saggio di Rosalind Krauss "Sculpture in the Expanded Field", che viene utilizzato per indicare quei lavori che sconfinano dai muri della galleria e che non sono identificabili né con il paesaggio né con l'architettura, ponendosi in questo modo come una definizione al negativo.

 

 

Quest'idea di scena, che potrebbe essere quindi la parola chiave per definire molti dei lavori contemporanei, data la componente dell'allestimento che diviene la forma di espressione dell'opera e del coinvolgimento "aptico" per il pubblico, si pone allora come un termine fondamentale per capire anche la pratica di Hirschhorn.

 

 

E di scena si tratta quando ci si ritrova, come in questo caso, nel set di un film, dove il percorso del pubblico inteso come azione si svolge in termini di spazio-tempo nel momento in cui si varca la soglia, si cammina nello spazio e quello che si può vedere è un' accumulazione di readymade o pseudo tali, come lattine, manichini, fanzine, cellulari. Solo percorrendolo nella sua architettura, e di architettura si parla perché sono presenti anche delle scale da salire e degli ambienti creati, si riesce ad entrare nel vivo dell'opera.

 

 

Ad accompagnare il pubblico nel percorso è un flyer scritto dall'artista stesso, in cui enuncia le sue idee come in un manifesto: "Io credo che l'arte sia universale, credo che l'arte sia qualcosa di autonomo,.... nell'arte si tratta di credere". E ancora: "Così come vivo in un mondo che concepisco come uno, come un mondo indiviso ed unico, come un mondo con il negativo e il positivo.... così il mio lavoro presenta una quadripartizione del campo di forma e forza in amore, filosofia, politica, estetica". Di molte cose sembra parlare Hirschhorn, tra cui non viene mai menzionato apertamente, ma tra le righe si respira un'aria mistico-esoterica, soprattutto nell'identificazione del mondo come uno e costituito da una polarità; come del resto può suggerire anche il titolo, in cui la parola cristallo rimanda sempre a influenze di questo tipo, sebbene l'artista dichiari che esso "è solo il motivo dell'intera forma". Così camminare all'interno del suo lavoro diviene un cammino iniziatico (come non pensare a Joseph Beuys a questo punto, dato che Hirschhorn ha anche dichiarato di sentire l'influenza del concetto espanso di scultura dello stesso), che raggiunge nel suo percorso i diversi elementi o poli da lui citati.

 

 

Comunque sia all'interno del padiglione sembra d'essere in un ambiente polare e bianco, dove purtroppo si respira poco, ma dove la luce viene riflessa autonomamente, dato che le pareti sono rivestite di alluminio e molti degli elementi presenti sono bottiglie, vetrine, specchi, cd, tutti readymade che incarnano in sé il concetto di trasparenza e riflessione.

 

 

La chiave di volta è allora lo Schema del Crystal of Resistance, dove l'artista sembra lavorare per chiare associazioni di parole e pensieri, in cui i significati dei termini, i quali si sono sviluppati partendo dal tema del cristallo, rimandano ad altri termini ancora, in una catena continua di concetti che a questo punto può essere pensata come la stessa organicità del lavoro: il display si pone, così, come una catena di rimandi e associazioni che conducono in direzioni diverse della quadripartizione.

 

 

Il corpus critico di Hirschhorn si completa con il concetto di resistenza, che risulta come l'applicazione della "politica della resistenza" (questo si può captare dagli schizzi preparatori), una sorta di condizione dell'arte costituita dal conflitto tra creatività e distruzione.

 

 

Nel polo del politico, infine, l'artista scrive di precario e di precarietà, come una condizione caratterizzante il presente, ma anche come l'unica qualità che può dar vita ad un reale cambiamento. Così la precarietà del futuro diviene l'unica condizione che può realizzare anche lo stimolo creativo. Si può pensare, allora, che la scena ideata da Hirschhorn risulta anch'essa precaria, poiché durerà così com'è per un tempo limitato, e si pone in questo modo come una tipologia di resistenza creativa.